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GILLO DORFLES

Attivo da venerdì 29 luglio 2011 a domenica 4 settembre 2011
Gillo Dorfles Gillo Dorfles
Media voti: GILLO DORFLES - Voti: 0
Nello spazio Sculptureart di Matera - via Madonna delle Virtù 81
Matera Si inaugura il prossimo 29 luglio nello spazio Sculptureart di Matera (via Madonna delle Virtù 81) una mostra dedicata al percorso artistico di Gillo Dorfles. La mostra a cura di Claudio Strinati fa il punto sulla ampia e complessa parabola di Gillo Dorfles, critico e artista, studioso e polemista, animatore quanto altri mai della scena culturale del nostro tempo, creativo estroso e multiforme ma nel contempo sorretto da un afflato, insieme emotivo e intellettuale, di intransigente coerenza, tale da non ammettere cesure nel corso del suo tragitto ma continui approfondimenti e ritorni sulle tematiche individuate una volta per  tutte nella fervida giovinezza e continuamente rielaborate e rivissute secondo ottiche diverse ma mai in contraddizione tra loro.
Quella ampia ricognizione di Milano, nel nome soprattutto del rapporto con Mazzotta ma in realtà estesa a tutti i momenti cruciali della parabola dell’ artista, abilita adesso a nuove indagini sul lavoro di Dorfles, del resto sempre orientato in tal senso nello sviluppo del suo lavoro. Basta prendere in attenta considerazione la produzione saggistica del maestro, anche solo limitandosi al periodo che va dagli anni cinquanta agli anni settanta del Novecento, per comprendere come ogni nuovo libro di Dorfles sia stato l’ apertura di un ulteriore capitolo proprio là dove il precedente aveva lasciato in sospeso il lettore. Come la sua pittura anche la saggistica di Dorfles è un allineamento di una serie lunghissima di “capitoli” che discendono sempre l’ uno dall’ altro in una sorta di flusso ininterrotto di intelligenza e di creatività. Gli esempi che potrebbero essere fatti sono innumerevoli ma può essere sufficiente ricordare le sagge e equilibrate parole con cui Dorfles nel 1967 introduceva la terza edizione del suo classico e magistrale volume Il divenire delle arti : “ mi rendo conto che il libro dovrebbe essere riscritto per essere veramente attuale e questo proprio per quelle premesse che ne sono alla base”.  E quelle premesse sono nel concetto di “entropia” dell’ arte per cui “ l’ arte d’ oggi non si possa considerare che in continuo divenire”.
 Ma questo concetto del “divenire continuo” non è tanto e non è solo nella oggettiva realtà delle vicende artistiche del Novecento fino a oggi, da Dorfles sempre rilevate, discusse, analizzate e opportunamente inquadrate in un vasto contesto di pensiero estetico e sociologico. Quel concetto del “divenire” è anche la linea guida della poetica di Dorfles stesso in veste di creatore fin dagli esordi negli anni trenta, per passare poi alla fase appassionante e difficile  del MAC ( movimento arte concreta) per giungere fino alle interessanti e innovative opere odierne di cui questa mostra presenta aspetti rilevanti. Già nelle premesse con cui Dorfles illustrava nel 1948 gli intenti del MAC, e che soltanto negli utltmi tempi sono state meglio comprese dalla storiografia, si nota quella insofferenza per il soffermarsi sulle acquisizioni conseguite che spingerà sempre in avanti la ricerca e la produzione del maestro triestino. Nel definire il senso autentico e profondo della dimensione astratta , tanto discussa in quel cruciale momento dell’ immediato dopoguerra, Dorfles manifestava subito le sue ansie e le sue perplessità per evitare il rischio della cristallizzazione del pensiero e della conseguente mortificazione dell’ atto critico. Così scriveva: “ una distinzione tra i due aggettivi , astratto e concreto, apparentemente contrastanti e antitetici, ma spesso usati negli ultimi anni a indicare uno stesso genere di pittura, merita forse d’ esser fatta, anche per vedere di chiarire alcuni concetti che di giorno in giorno stanno facendosi più complessi e quindi più confusi”. In quel “quindi più confusi” c’è tutto lo spirito indagatore e chiarificatore di Gillo Dorfles, critico e pittore, e tutta l’ opera pittorica di Dorfles, dalle origini a oggi, sembra una risposta al dubbio metodologico posto dal maestro in quelle premesse alla istituzione del MAC. Non che Dorfles stesso fosse confuso. Tuttaltro! Ma il suo intento, sia in sede critica, sia in sede  creativa era di sciogliere l’ equivoco che si stava accumulando, e sempre più pesantemente, sui destini dell’ arte moderna, sul problema del linguaggio, sul problema dell’ espressione. Da giovanissimo Dorfles  aveva utilizzato una tecnica pittorica riecheggiante l’ ambiente rinascimentale, dipingendo con la tempera grassa all’ uovo come gli antichi. Oggi lavora soprattutto con l’ acrilico. Ma quella sorta di “classicità” inconscia che egli rivendica a se stesso e al suo pensiero creativo resterà sempre presente in lui. Rifugge da qualunque tentazione di schematismo. Non crede che nelle griglie concettuali predisposte dai movimenti artistici e dalla critica militante possa mai esaurirsi la creatività effettiva dell’ artista. Nelle sue immagini ( è stato sempre notato) è evidente la latenza di una figurazione appunto inconscia e incontrollata che preme dentro le maglie di una struttura della figurazione pur svincolata dall’ istanza di rappresentare. Eppure è lampante, specie in queste più recenti produzioni, l’ idea di Dorfles, che lo segue da sempre, di fissare nel quadro il baluginare di una concretizzazione della forma arrestata sovente sulla soglia della sua definizione razionale, per essere  mantenuta invece in uno stato come larvale della coscienza, dove le immagini trapelano, assumendo una sorta di dimensione onirica e evocativa, e si arrestano prima che sorga l’ idea del racconto e della compiuta circoscrizione  delle percezioni.
La pittura di Dorfles è una costante avventura dell’ immaginazione, un viaggio nel cosmo mentale di una creatività in continua, incalzante metamorfosi. L’ idea delle “forme avverse”, come recita proprio il titolo di un’ opera assai bella e molto significativa del 2009, si riverbera su tutta la produzione più recente , mista di echi del passato e di suggestioni sempre nuove. Un’ opera, tra quelle esposte in questa occasione, si chiama le “radici dell’ ansia” ed è del 1999. Straordinariamente affascinante e coinvolgente potrebbe essere presa quale chiave di lettura generale per l’ intera esposizione. Come nelle esplosioni solari, per come sono rilevabili all’ osservazione astronomica, i quadri sono costantemente invasi da filamenti di forme che chiudono e aprono insieme lo spazio della rappresentazione, e restano come per un momento breve, fissate in una possibile definizione delle forme. Ma è evidente che, ove nello spazio della figurazione fosse inserito  l’ elemento temporale che vi è escluso a priori, quelle forme muterebbero impercettibilmente fino a implodere su se stesse. Ma l’ atto pittorico le fissa e le definisce appunto con perentorietà, e l’ “ansia” sembrerebbe proprio quella di chi è convinto del suo pensiero ma consapevole, nel medesimo momento, che questo è sottoposto all’ implacabile divenire di tutte le cose.





 
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