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Generare Futuro

Evento del 01/02/2014  dalle ore 20:00
Generare Futuro - 1 Febbraio 2014 Generare Futuro - 1 Febbraio 2014
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36^ Giornata Nazionale per la vita
Matera
In occasione della celebrazione della 36^ Giornata Nazionale per la vita (2 febbraio 2014), il Consiglio Episcopale Permanente della Cei ha predisposto un messaggio. “I figli sono la pupilla dei nostri occhi… Che ne sarà di noi se non ci prendiamo cura dei nostri occhi?”. Queste parole di Papa Francesco sono collocate all’inizio del Messaggio che è un appello alla “cultura dell’incontro”, che “coltiva il valore della vita in tutte le sue fasi: dal concepimento alla nascita, educando e rigenerando di giorno in giorno, accompagnando la crescita verso l’età adulta e anziana fino al suo naturale termine"; una cultura dell'incontro che mira a "superare così la cultura dello scarto”.
 
Per tale occasione, l’Arcidiocesi di Matera-Irsina ha organizzato, presso la Chiesa di S. Domenico di Matera, Sabato 1 febbraio p.v., alle ore 20:00, una veglia di preghiera comunitaria.



«Generare la vita è generare futuro»

Nel messaggio dei vescovi dura condanna della «mentalità eutanasica» E l’aborto mortifica la natalità, togliendo al Paese risorse contro la crisi
Viene Pubblicato integralmente il messaggio del Consiglio Episcopale Permanente della Cei per la 36° Giornata nazionale per la vita.

« I figli sono la pupilla dei nostri occhi… Che ne sarà di noi se non ci prendiamo cura dei no­stri occhi? Come potremo andare avan­ti? ». Così Papa Francesco all’apertura del­la XXVIII Giornata Mondiale della Gio­ventù ha illuminato ed esortato tutti al­la custodia della vita, ricordando che ge­nerare ha in sé il germe del futuro. Il fi­glio si protende verso il domani fin dal grembo materno, accompagnato dalla scelta provvida e consapevole di un uo­mo e di una donna che si fanno collabo­ratori del Creatore. La nascita spalanca l’orizzonte verso passi ulteriori che dise­gneranno il suo futuro, quello dei suoi genitori e della società che lo circonda, nella quale egli è chiamato ad offrire un contributo originale. Questo percorso mette in evidenza «il nesso stretto tra e­ducare e generare: la relazione educati­va si innesta nell’atto generativo e nell’e­sperienza dell’essere figli», nella consa­pevolezza che «il bambino impara a vi­vere guardando ai genitori e agli adulti». Ogni figlio è volto del «Signore amante della vita» (Sap 11,26), dono per la fami­glia e per la società. Generare la vita è ge­nerare il futuro anche e soprattutto oggi, nel tempo della crisi; da essa si può usci­re mettendo i genitori nella condizione di realizzare le loro scelte e i loro progetti.

La testimonianza di giovani sposi e i da­ti che emergono da inchieste recenti in­dicano ancora un grande desiderio di ge­nerare, che resta mortificato per la ca­renza di adeguate politiche familiari, per la pressione fiscale e una cultura diffi­dente verso la vita. Favorire questa aspi­razione (valutata nella percentuale di 2,2 figli per donna sull’attuale 1,3 di tasso di natalità) porterebbe a invertire la ten­denza negativa della natalità, e soprat­tutto ad arricchirci del contributo unico dei figli, autentico bene sociale oltre che segno fecondo dell’amore sponsale.

La società tutta è chiamata a interrogar­si e a decidere quale modello di civiltà e quale cultura intende promuovere, a co­minciare da quella palestra decisiva per le nuove generazioni che è la scuola.

Per porre i mattoni del futuro siamo sol­lecitati ad andare verso le periferie esi­stenziali della società, sostenendo don­ne, uomini e comunità che si impegnino, come afferma Papa Francesco, per un’au­tentica “cultura dell’incontro”. Educan­do al dialogo tra le generazioni potremo unire in modo fecondo la speranza e le fa­tiche dei giovani con la saggezza, l’espe­rienza di vita e la tenacia degli anziani.

La cultura dell’incontro è indispensabi­le per coltivare il valore della vita in tut­te le sue fasi: dal concepimento alla na­scita, educando e rigenerando di giorno in giorno, accompagnando la crescita verso l’età adulta e anziana fino al suo naturale termine, e superare così la cul­tura dello “scarto”. Si tratta di accogliere con stupore la vita, il mistero che la abi­ta, la sua forza sorgiva, come realtà che sorregge tutte le altre, che è data e si im­pone da sé e pertanto non può essere soggetta all’arbitrio dell’uomo.

L’alleanza per la vita è capace di suscita­re ancora autentico progresso per la no­stra società, anche da un punto di vista materiale. Infatti il ricorso all’aborto pri­va ogni anno il nostro Paese anche del­l’apporto prezioso di tanti nuovi uomini e donne. Se lamentiamo l’emorragia di energie positive che vive il nostro Paese con l’emigrazione forzata di persone – spesso giovani – dotate di preparazione e professionalità eccellenti, dobbiamo ancor più deplorare il mancato contri­buto di coloro ai quali è stato impedito di nascere. Ancora oggi, nascere non è una prospettiva sicura per chi ha ricevuto, con il concepimento, il dono della vita. È dav­vero preoccupante considerare come in Italia l’aspettativa di vita media di un es­sere umano cali vistosamente se lo con­sideriamo non alla nascita, ma al conce­pimento.

La nostra società ha bisogno oggi di so­lidarietà rinnovata, di uomini e donne che la abitino con responsabilità e siano messi in condizione di svolgere il loro compito di padri e madri, impegnati a superare l’attuale crisi demografica e, con essa, tutte le forme di esclusione. U­na esclusione che tocca in particolare chi è ammalato e anziano, magari con il ricorso a forme mascherate di eutana­sia. Vengono meno così il senso dell’u­mano e la capacità del farsi carico che stanno a fondamento della società. «È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che so­no più fragili e che spesso sono nella pe­riferia del nostro cuore. È l’aver cura l’u­no dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori».

Come un giorno si è stati accolti e ac­compagnati alla vita dai genitori, che ren­dono presente la più ampia comunità u­mana, così nella fase finale la famiglia e la comunità umana accompagnano chi è «rivestito di debolezza» (Eb 5,2), amma­­lato, anziano, non autosufficiente, non solo restituendo quanto dovuto, ma fa­cendo unità attorno alla persona ora fra­gile, bisognosa, affidata alle cure e alle mani provvide degli altri.

Generare futuro è tenere ben ferma e al­ta questa relazione di amore e di soste­gno, indispensabile per prospettare u­na comunità umana ancora unita e in crescita, consapevoli che « un popolo che non si prende cura degli anziani e dei bambini e dei giovani non ha futu­ro, perché maltratta la memoria e la pro­messa ».



 




 
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