Giovedì 10 Aprile 2014 - Nymphomaniac - Cineforum
«How do you think you’ll get the most out of the story: by believing or not believing in it?»: è la domanda che Joe, la “ninfomane” del titolo, il cui volto ha i tratti severi e spigolosi dell’attrice Charlotte Gainsbourg, rivolge a Seligman (Stellan Skarsgård), intellettuale ebreo che l’ha raccolta ferita e sanguinante a un angolo di strada, all’incirca a metà del lungo racconto-confessione che copre quasi per intero i 240 minuti di durata di Nymphomaniac - suddivisi in due “volumi” aderenti ad un medesimo corpus. Un monito che potrebbe essere valido tanto per Seligman, spesso scettico o addirittura incredulo di fronte alle parole della donna, quanto per lo spettatore. Del resto, che Lars von Trier fosse un gran bugiardo (come prima e più di lui anche Orson Welles e Federico Fellini) lo avevamo sospettato da tempo. Fiero sostenitore del potere dell’affabulazione o, in una dimensione prettamente cinematografica, della forza evocativa delle immagini nel loro intreccio con parole e musica, non necessariamente come veicolo per restituire una presunta “verità del reale”, ma piuttosto per esprimere una ben più profonda “verità dell’anima”.