Sabato 14 giugno, anniversario della nascita di Karl Landsteiner, scopritore dei gruppi sanguigni e coscopritore del fattore Rhesus, si celebra la decima Giornata Mondiale del Donatore di Sangue.
Istituita nel 2004 dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, questa ricorrenza ha assunto negli anni un significato sempre più profondo, rappresentando un'occasione per ribadire a livello globale l'importanza di compiere un gesto semplice ma fondamentale come quello del dono.
Dal 2004 a oggi il numero di donazioni nel mondo è cresciuto del 25%, passando da 80 a 107 milioni, con un forte incremento soprattutto nel Sud-est asiatico e in Africa. Di tutte queste donazioni, però, la metà si concentra nelle aree più sviluppate del pianeta, dove vive solo il 15% della popolazione globale.
In questi Paesi le donazioni ogni 1000 abitanti sono 39,2, mentre nelle nazioni a medio reddito si attestano a 12.6, per poi scendere a 4 nelle regioni più povere.
Ciò che colpisce è il fatto che nel mondo il 65% delle trasfusioni di sangue riguarda bambini sotto i cinque anni di età, mentre nei Paesi ad alto reddito, che sono quelli con il più alto tasso di invecchiamento della popolazione, sono gli anziani al di sopra dei 65 anni i principali destinatari di queste cure (pari al 76 % sul totale).
Inoltre, solo in 41 Paesi si producono medicinali plasmaderivati ottenuti attraverso il frazionamento del plasma raccolto sul proprio territorio, mentre gli altri 110 Paesi importano questi farmaci dall'estero.
A destare maggiore preoccupazione sono i dati che testimoniano come più della metà del sangue e degli emoderivati raccolti in ben 73 Paesi provengano da parenti o da donatori retribuiti (nella galleria fotografica qui sotto è disponibile una cartina che illustra la diffusione della donazione volontaria e non retribuita).