Mariano Rigillo e
Anna Teresa Rossini
ROMOLO IL GRANDE
di Friedrich Dürrenmatt
Regia di Roberto Guicciardini
”Commedia storica storicamente inverosimile”, questo lavoro, scritto nel 1949 e rielaborato fino al 1964, mette in scena il tardo impero romano alla vigilia della sua caduta, in cui l’ultimo imperatore vuol consacrarsi unicamente all’allevamento di polli.
Friedrich Dürrenmatt sorvola sul dato storico del Romolo Augustolo, ragazzino quattordicenne che subisce gli eventi, inconsapevole ed incolpevole.
Il Romolo di Dürrenmatt è un uomo di mezza età cui la storia attribuisce il compito di praticare l’eutanasia ad un Impero ormai agonizzante, perchè intrinsecamente minato dalla corruzione morale e politica, e perché reso inoffensivo dall’incapacità di resistere alla vigoria fisica e mentale di orde barbariche, cui certo non fa velo il ricordo della passata grandezza di Roma.
Il Romolo descritto dall’autore svizzero, è persona troppo lucida e responsabile per chiudere in un bagno di sangue la favola bella dell’impero che dominò il mondo. Gli uomini si illudono di determinare gli eventi storici; in realtà, sembra pensare Romolo, è la storia che si serve di loro per portare a compimento i suoi disegni. E per non essere strumento fino in fondo, Romolo decide che l’attività di pollicoltore debba prevalere sulla funzione di imperatore. Tu, Storia, che hai stabilito la fine dell’impero, avrai a disposizione, per la realizzazione dell’evento, non un imperatore ma un allevatore di polli. Piccola soddisfazione, ma meglio di niente.
Dunque, di Romolo vanno colte l’ironia e l’autoironia che, com’è noto, in ogni terra e in ogni luogo sono le difese più efficaci contro la disperazione e il senso d’impotenza.
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