‘Iliade – le lacrime di Achille’ da Omero, Ovidio e Kleist è il secondo appuntamento del 2016 con il teatro del Circus, nel salotto culturale di corso Margherita a Pisticci, con la direzione artistica di Daniele Onorati. Il dramma classico, rivisitato dal regista Matteo Tarasco, andrà in scena nelle serate di venerdì 29 e sabato 30 gennaio alle ore 20.30.
Sequel ideale di ‘Eneide – Ciascuno patisce la propria ombra’, già rappresentata con successo al Circus ed in circa 100 teatri italiani, l’Iliade di Tarasco indaga la figura dell’eroe e delle vicende della guerra di Troia, adottando il punto di vista di tre figure femminili fondamentali nella storia di Achille: la schiava Briseide, la madre divina Teti e la guerriera Pentesilea. In assenza dell’eroe, le donne che lo hanno amato ne raccontano la storia dalla quale scaturisce una indagine intima sul suo dolore e la sua fragilità.
Il progetto di Tarasco, che come per l’Eneide narra l’assenza dell’eroe nella consapevolezza che la modernità ne sia orfana, si addentra nel linguaggio del dolore, per riscoprirne un nuovo valore semantico e ridisegnare l’ideologia della virilità che, nell’epopea, si completa e acquista valore soltanto quando si appropria del modello femminile.
“Nell’Iliade – spiega Tarasco – si assiste costantemente al contrasto tra le bufere del dolore maschile e la lenta perdita di sostanza che consuma la vita nel rituale della lamentazione femminile. Se il dolore delle donne esautora la forza vitale, il dolore dell’eroe ne esalta l’energia e l’ardore guerriero, perché per Omero, lacrime e gloria, sofferenza ed eroismo sono strettamente connessi”. Le lacrime degli eroi non sono segno di debolezza ma ostentazione di forza e di vitalità, perché gli uomini valorosi sono sempre inclini a versarne.
“Mettere in scena 'Iliade – Le Lacrime di Achille' oggi - aggiunge il regista - significa essere appassionati, e folli, significa ricordare che le parole bruciano, che le parole si fanno carne mentre noi parliamo e quindi anche parlare, anche raccontare una storia, è un gesto fisico e corporale. Oggi sembra che la lingua abbia perduto la sua Physis, la lingua oggi non è più del cuore, come diceva Paracelso, ma della mente, di Nuos. Per questo è necessario fare teatro oggi, ovunque e comunque, per non far soccombere la parola nelle paralizzanti spire dell’ossessione comunicativa, per non stritolare la parola nell’angoscia semantica della comunicazione che molto dice e poco esprime. Fare teatro oggi ci ricorda che il valore della parola si riconosce nel silenzio dell’ascolto”.