Riparare i viventi - Il Cineclub
Titolo originale: |
Réparer les vivants |
Conosciuto anche come: |
Heal the Living |
Nazione: |
Francia, Belgio |
Anno: |
2016 |
Genere: |
Drammatico |
Durata: |
104' |
Regia: |
Katell Quillevere |
Tre adolescenti praticano surf al levar del giorno. Qualche ora dopo, sulla via del ritorno, hanno un incidente. Simon è in stato di morte cerebrale quando arriva in ospedale e i genitori devono confrontarsi con l'ipotesi di donare i suoi organi. Seppur sopraffatti dal dolore, accettano la donazione. Il suo cuore darà nuova speranza a una donna ricoverata in un ospedale di Parigi, che in attesa di trapianto non saprà mai nulla del provvidenziale salvatore.
Diretto da Katell Quillévéré e scritto dalla regista con Gilles Taurand,
Riparare i viventi racconta di come la vita del giovane Simon si intrecci con quella di una donna di Parigi. Dopo una mattinata passata in mare a fare surf con altri due giovani, Simon sta rientrando a casa quando avviene un terribile incidente. Oramai attaccata alle macchine di un ospedale di Le Havre, la vita di Simon è solo un'illusione. Nel frattempo, a Parigi, Claire aspetta il trapianto provvidenziale che potrà salvarle la vita. Mentre i genitori di Simon, in preda al dolore, sono chiamati a decidere cosa farne degli organi del figlio, la donna in attesa di trapianto non saprà mai nulla del provvidenziale salvatore.
Con la direzione della fotografia di Tom Harari, le scenografie di Dan Bevan, i costumi di Isabelle Pannetier e le musiche di Alexandre Desplat,
Riparare i viventi è l'adattamento dell'omonimo romanzo di Maylis de Kerangal. A spiegare le ragioni dell'adattamento è la stessa regista in occasione della presentazione del film al Festival di Venezia 2016: «Ho scoperto il romanzo di Malys de Kerangal quando è uscito, a gennaio del 2014. Mi ha catturato immediatamente, non riuscivo a smettere di leggerlo ed ero completamente trascinata dalla storia che racconta. Il trapianto di un cuore da una persona ad un'altra, oltre la drammaticità del gesto, pone una serie di interrogativi di natura scientifica, medica e filosofica. Sono sempre stata affascinata dagli elementi contrapposti, da un lato il progresso della medicina moderna e le tecniche sempre più sofisticate di intervento sul corpo umano e dall'altro una questione vecchia come il mondo: cos'è la morte, dove finisce la vita e in quali parti del nostro corpo è simbolicamente collocata…
La tragedia che capita al ragazzo mi ha fatto pensare al bisogno profondo che ognuno di noi ha di trasformare l'oltraggio e il dolore che la morte ci ha costretto a provare, di definire la natura immutabile della nostra condizione.
Suzanne, la protagonista del mio secondo lungometraggio (Suzanne), era stata colpita dalla perdita, prima della madre, poi della sorella. Era alla ricerca disperata della resilienza. Oltre il dolore, nonostante gli alti e i bassi della vita, Suzanne trova la sua strada e l'istinto di sopravvivenza prevale. Durante l'adattamento del romanzo per lo schermo, ho scelto di rimanere fedele alla sua apertura, al suo percorso verso la luce, lo stesso che ho cercato di seguire come regista, così che il film potesse essere un'ode alla vita. Per ottenere questo, Tarault e io abbiamo sentito il bisogno di rendere più consistente il carattere della donna che riceve il cuore. Le persone che sono in lista d'attesa per un trapianto sono travolte dalle emozioni e dai dubbi. Le persone che hanno affrontato un trapianto ti raccontano che, anche se l'intervento è andato perfettamente, è estremamente complicato affrontare l'impatto emotivo e psicologico di un trapianto. Ricevere l'organo di una persona deceduta costringe a quantificare la propria voglia di vivere. Claire è terrorizzata dal trapianto ma allo stesso tempo vuole salvare la sua vita. Confida nei figli e nel chirurgo per superare le proprie paure.
Malys de Kerangual descrive il suo romanzo come una “chanson de geste”. La donazione degli organi non è un fatto puramente organico, coinvolge anche elementi sacri. Sono sempre stata interessata al significato di sacro e ho cercato, già dal mio primo film Un poison violent, il modo di tradurlo in immagini, di renderlo visibile sullo schermo. C'è sempre una sensazione di trasgressione quando guardi sotto la pelle, che è la nostra frontiera naturale, la protezione della nostra identità. La chirurgia viola quella barriera sacra nello spazio chiuso della sala operatoria seguendo una missione, salvare una vita. Ma come regista in che modo posso chiedere allo spettatore di accettare delle immagini potenzialmente così dirette e brutali. È affascinante la sfida di illustrare attraverso queste immagini, momenti come quelli, quando si è in sospeso tra la vita e la morte, e il triviale incontra il sacro.
Maylis de Kerangal si muove con grazia da un personaggio all'altro nel suo romanzo, esplorando la vera essenza di ognuno, senza rischiare di perdere il filo della sua storia. Tale libertà è prerogativa della pagina scritta. Il cinema impone una serie differente di costrizioni che hanno comunque il merito di permetterti di focalizzare su quello che desideri filmare.
Quando penso alla realizzazione di questo film, quello che spero di trasmettere più di tutto è la sensazione metafisica del movimento di un essere vivente, rendere il flusso senza soluzione di continuità del sangue che circola nel corpo umano. Un cuore smette di battere in un corpo per prolungare la vita di un altro».
Informazioni
Data: Mercoledì 22 Marzo 2017
Cinema: Cinema Comunale - Matera
Orari: 17:30 - 19:35 - 21:40
Biglietto: 4,00 €