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L'altro volto della speranza - Il cineclub

Evento del 24/05/2017 
L´altro volto della speranza (foto di mymovies.it) L´altro volto della speranza (foto di mymovies.it)
Media voti:  L'altro volto della speranza - Il cineclub - Voti: 0
Presso il Cinema Piccolo di Matera
Matera
L'altro volto della speranza (2017) - Mercoledì 17 Maggio 2017
Cinema: IL PICCOLO - Matera
Orari: 17:30 - 19:35 - 21:40
Biglietto: 4,00 €

L'altro volto della speranza (2017)
Titolo originale: Toivon tuolla puolen
Regia: Aki Kaurismäki
Genere: Commedia - Produzione: Finlandia - Durata: 98'
Cast: Ville Virtanen, Kati Outinen, Sherwan Haji, Tommi Korpela, Sakari Kuosmanen, Jörn Donner, Nuppu Koivu, Timo Torikka, Janne Hyytiäinen, Sulevi Peltola
 
Wilkström è un rappresentante di camicie, che lascia moglie e lavoro, e punta tutto su una partita a poker per cambiare vita. Khaled è un giovane rifugiato siriano imbarcato clandestino su una carboniera che si ritrova a Helsinki quasi per caso. Anche lui vuole cambiare vita. Le autorità però vorrebbero rispedire ad Aleppo Khaled, che se la deve vedere anche con dei picchiatori razzisti. Ma nella sua strada Khaled incontra anche persone come Wilkström che decide di aiutarlo. I due tentano di ripartire con la gestione di un ristorante triste e senza clienti, ‘La Pinta Dorata’, magari trasformandolo in un ristorante sushi alla moda... Un rifugiato, un rappresentante, un cuoco, una cameriera, un direttore di sala e un cane... insieme, forse, riusciranno a trovare ciò che cercano.
I film fatti, all’apparenza, di niente, quando invece sono puntigliosamente cesellati, parola per parola, immagine per immagine, colore per colore, canzone per canzone, finiscono spesso per essere i più belli, densi, sinceri, emozionanti. Nella stagione 2016/17 è già capitato con Paterson di Jim Jarmusch; ed ecco ora il nuovo film del suo “omologo” che vive di qua dall’oceano: L’altro volto della speranza di Aki Kaurismäki, autore, anche lui, di poche parole e incrollabile moralità (compresa la moralità delle immagini), attento alle persone, al dolore e alla solidarietà come alla crudeltà e alla stupidità, che riproduce senza scarti in storie costellate di personaggi e battute surreali e segnate da uno humour “keatoniano”. I suoi interpreti si scompongono poco e non ridono mai, ma bastano uno sguardo, un sopracciglio alzato, uno stirar di labbra per raccontare tutta la sofferenza e la comicità della vita. «A Natale chiudo e mi trasferisco a Città del Messico. Ballerò la hula e berrò sakè: ho bisogno di un po’ di azione dopo tanta pace e silenzio», dice senza muovere un muscolo Kati Outinen, tradizionale “musa” dell’autore, in un cameo che sintetizza in una battuta lo stile di vita finlandese. Ma in tutta quella pace e quel silenzio, nella civilissima attitudine con cui le autorità accolgono i clandestini per poi, altrettanto imperturbabili, rispedirli in patria, in quell’educata compostezza, covano la violenza, la rabbia, l’indifferenza. E l’unica arma con la quale contrastarle è la pietà, di chiunque sia ancora in grado di guardare e capire, di chiunque sia ancora “umano”. Gli “umani” sono ancora tra noi, pare dire Kaurismäki, si tratti di clochard o del maldestro quartetto dei ristoratori improvvisati, dei maturi rocker che costellano strade e bar o dei camionisti che attraversano frontiere. È ancora una volta una sorta di imprevedibile “catena” quella che dà una mano al protagonista Khaled, il giovane siriano che all’inizio del film emerge dal carico di carbone di una nave approdata a Helsinki e che si addentra nella notte della città e poi tra i meandri delle istituzioni, con il solo scopo di fare arrivare qui, in questo paese di silenzio e di pace, la sorella che ha perduto al confine ungherese. E che quella stessa notte incrocia casualmente Wikström, commerciante in camicie, che se ne sta andando da casa e da una moglie stizzita, per cambiare vita e lavoro. Le due storie si dipanano per un po’ parallele e se quella di Khaled ha momenti di accorato, dignitoso dolore (il racconto della sua storia, in primo piano, le lunghe notti senza sonno dei rifugiati nel centro di accoglienza), quella di Wikström scorre invece sul filo del laconico umorismo dell’autore (e della vita), con punte irresistibili nella vicenda del ristorante La pinta dorata. Dialoghi: pochi, eccezionali e imprevedibili (le battute di Shylock in bocca a Wikström sono memorabili). Cane, immancabile: qui si chiama Koistinen (come il protagonista di Le luci della sera) e chiude il film con la tenerezza dei giusti. (Emanuela Martini)
 




 
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