Il maestro non svolge una professione ma una missione, da come si evince dal volume scritto in onore di Andrea Longo, insegnante materano, vissuto nell’epoca fascista e affermatosi durante gli anni 60.
La sua è stata una figura eminente, che ha sempre fatto della sintesi, della applicazione al lavoro e all’attivismo fervente verso le ingiustizie agli immigrati (nell’epoca post-bellica), il suo modus operandi e ritorna fortemente d’attualità, là dove la didattica nei confronti degli stranieri, oggi è completamente mancante.
Il libro è un concentrato di diritti, opportunità scolastiche, ma soprattutto direttive pedagogiche, a testimonianza di un’epoca, che a distanza di 40 anni, ancora oggi ripropone la stessa imposizione del grembiule obbligatorio nelle scuole primarie, ma anche di iniziative rivolte a rivalutare la componente gioco nell’apprendimento dell’alunno.
Nella scuola ci sono diritti e doveri: per alcuni l’ignoranza è un diritto, e l’apprendimento un dovere.
Niente di più sbagliato.
Bisogna farsi piccoli di fronte ai problemi del sapere e tutti (genitori, insegnanti, alunni), devono volgere lo sguardo al racconto della vita dell’individuo.
A tale scopo oggi abbiamo nelle scuole, come nei libri, il classico rimando alla scienza della pedagogia.
Pedagogia innanzitutto ha nella radice del significato etimologico l’idea di abbassarsi al livello del bambino; il bambino (fin dalla condizione di infante) è subito pronto a muoversi sul territorio, spinto dalla curiosità e dalla voglia di materialità assoluta (al di là di quello che per lui possa valere il leggere o lo scrivere).
Oggi, che abbiamo sempre più bisogno di scuola e maestri, visto anche il modo in cui il cambiamento e il gap generazionale è evidente, anche solo a differenza di pochi decenni, c’è bisogno di studiare e stimolare nuovamente le stesse istanze di formazione che la storia contemporanea e la pedagogia degli anni 50 e 60 hanno inculcato nei nostri genitori (gli alunni di allora).
Il Prof. D’Arcangeli dell’Università dell’Aquila (relatore del volume su Longo), ricorda come si sia passato nel corso degli anni da una scuola arida di tipo unicamente autoritario, ad una scuola di ossequio, ad una scuola politicizzata, alla scuola di oggi, tra virgolette, detta democratica.
I cambiamenti sono dovuti ai seguenti fattori: specializzazione, dottrina, passione e amore, concentrati nella figura dell’insegnante.
Oggi la visione del mondo del maestro (il punto di vista e il proprio conosciuto) sono componenti importanti nella formazione degli studiosi di domani; un maestro (diventato oggi unico, per via della riforma Gelmini, che secondo Longo è un extra, un uscire dall’idea del sé stesso) oggi abbandonato a sé stesso dai cosiddetti intellettuali da salotto, quelli cioè che preferiscono darsi alla filosofia piuttosto che coadiuvare il difficile ruolo dell’educatore pubblico.
La comunicazione e la medianicità della cultura a tutti i costi, veicolata in modo anche eccessivo, porta oggi a smontare l’idea e la validità di scuola, come luogo di formazione.
A questo servono i pedagoghi (come G. Lombardo Radice, ricordato come grande pedagogo del passato): interferire positivamente in quel difficile scambio di comunicazione che è l’interazione tra scuola e famiglie (difficile e sempre più mancante ai giorni d’oggi).
Partecipazione, Azione e Comprensione: sotto l’egida di questi tre valori, va cosi riscritta la storia della formazione scolastica, a fronte di chi contesta comunque solo e soltanto, e anche contro quegli italiani unicamente favorevoli all’autorità e alla imposizione di classi differenziate (talvolta discriminanti).
La Resistenza e la conflittualità post-bellica che hanno formato la “persona” Andrea Longo (prima
ancora che il maestro fuori dalle mura di Matera), hanno fatto del suo modo di insegnare un esempio di dirittura morale, senso del dovere, incorreggibilità, autorità ma anche apertura al modo di vedere la vita degli alunni, invidiabile ai maestri di oggi.
Il saggio di Andrea Longo, verte poi sulla differenza di uomo discente e docente.
L’uomo è discente: vale a dire, nell’uomo si riconosce la profondità della sua umanità, quando lo si rispetta perché (appunto) individuo pari agli altri.
L’uomo è docente, invece, quando (caricato di ricchezza e supporto conoscitivo) ha qualcosa da poter trasmettere agli altri.
Alla docente antropologa Dorothy Zinn, a cui è spettato il compito di intervistare a lungo il professor Longo, è toccato curare la post-fazione al volume, che si caratterizza di esperienza, illuminazione concettuale soprattutto quando si parla di integrazione (specie in chiave di immigrazione).
Andrea Longo ha saputo vedere la diversità ieri, e la sa vedere anche oggi, ma ha fatto tesoro nella sua carriera di insegnante del valore della interculturalità tra le diverse generazione, anche quando si è trattato di dover interrompere la trasmissione di certi saperi, per agevolare taluni piuttosto che altri.