“Un nostro concerto è come un nuovo modo per riuscire a raccontare il Sud, che ha contraddizioni forti, come povertà e ricchezza, amore e gelosia, il nostro compito è quello di portare alla luce le liriche che celebrano questi sentimenti, l’immediatezza di una comunicazione semplice e forte, magica”. Umberto Sangiovanni, protagonista con la Daunia Orchestra del secondo appuntamento con il Festival EtnoCulturèe, dell’associaizone Culturèe. Musicista e creatore del progetto della Daunia Orchestra racconta così il suo lavoro di ricerca e recupero dei testi della cultura popolare, contadina, dei primi del novecento, declinato in arrangiamenti moderni, prevalentemente jazz “il Jazz è la mia formazione musicale d’origine, e ben si sposano le sonorità sincopate con i suoni dialettali, privi di vocali, depositarie di una ritmica originale”. Guerino Rondolone al Contrabbasso e Massimo D’Agostino alla batteria hanno arricchito le sonorità complesse e gli arrangiamenti che si spingono fino ai ritmi latino americani, grazie anche alla presenza del Bandoneon, suonato da Gianni Iorio. La Daunia Orchestra ha incantato per quasi due ore il pubblico accorso ieri per il concerto del cartellone EtnoCulturèe, “che nasce come contenitore culturale, oltre che come semplice appuntamento musicale”, ci ricorda Lindo Monaco, ideatore e direttore artistico del Festival.
La limpida e sfaccettata voce di Sara Sileo ha raccontato in canto storie le storie di “occhi vezzosi”, “come un chicco di grano”, “lu mare da”, “Maddalena”, “senza ca spasse”, “la controra”, “calatole”, “amore inquieto”, “durme”, “lettera senza risposta”, “sole rosso”. In scaletta brani intensi, che fanno rivivere storie semplici ma cariche di magia. Un importante lavoro, anche filologico, rispetto ai testi di una tradizione nostra, vicina, ma labile “la musica è la prima cosa che rischiamo di perdere, perché questi canti si tramandano in forma orale. In rari caso mi sono imbattuto anche in musiche contadine” dice Sangiovanni, “lontane, chiaro, da quello che musicalmente io avevo voglia di fare, ma belle per la loro spontaneità”. E’ la forza della comunicazione semplice, diretta, la funzione sociale svolta da questi canti, che ha interessato Sangiovanni nella sua ricerca. Le comunità contadine di fine ottocento erano chiuse per molti aspetti, ma aperta ad accogliere braccianti da altre città e regioni, gli stessi che spesso si facevano divulgatori di nuovi canti. “in tutto il sud Italia può succedere di trovare canti simili, si usavano forme linguistiche comuni, personalizzate con picco le frasi che raccontassero una storia locale”. La Daunia Orchestra, che il pubblico materano ha ascoltato ieri sera, nella suggestiva location dello Jazzo Gattini, ha come logo un simbolo tribale “è un re dauno”, dice ancora Sangiovanni “lo si trova raffigurato sulle steli funerarie della daunia, io l’ho visto in alcune foto, ed ho subito pensato che fosse portatore del nostro messaggio, che coniuga modernità e tradizione”. Un nuovo successo per gli appuntamenti del Etno Culturèe, che torneranno, per l’ultimo appuntamento in cartellone, giovedì 30 luglio, alle ore 21.30 presso il Parco Murgia, con i Talea Balcan.