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13/06/2013 16.48.35 - Articolo letto 3813 volte

La grave situazione economica della Lucania

Turisti a Matera (foto SassiLand) Turisti a Matera (foto SassiLand)
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Nota di Michele Corazza
Basilicata "E’ indubbio, che i dati forniti dal consueto rapporto annuale - afferma in uan nota Michele Corazza - della Banca d’Italia, riguardo lo stato di salute dell’economia Lucana, dimostrino, in modo inequivocabile, la crisi gravissima dell’economia della nostra Regione.
Inutile dire, che se la Regione fosse un’azienda, sarebbe da “ Libri in Tribunale”. Si legge, infatti, che nel 2012 il PIL della Basilicata è sceso del 3.1%: una performance peggiore rispetto a quella nazionale (-2.4). Il contributo maggiore a questa preoccupante flessione, viene dalla produzione manifatturiera, caduta di ben 9.5 punti percentuali -in linea col dato meridionale (-10.1%) e invece ben al di sopra di quello nazionale (-6.2%)-. I settori più colpiti sono le costruzioni e l’automotive, che ha una rilevanza per l’economia regionale difficilmente paragonabile: esso occupa il 27% degli addetti nel settore manifatturiero a livello regionale, il 67 nell’area melfitana (contro una media di poco meno del 20% negli altri sistemi locali legati al settore). La crisi di questi due settori -assieme a quello del petrolio greggio- trascina a fondo le esportazioni, che cadono di 17.5 punti percentuali: un dato completamente fuori misura se paragonato all’espansione fatta registrare dal Mezzogiorno (+7.8%) e dal Paese (+3.7%). Senza questi settori, esse sarebbero cresciute (ma solo dell’1.4). Anche i servizi scendono. Fanno male le vendite al dettaglio (-10.5%), che cadono di più che nel Mezzogiorno (-9.6%) e in Italia (-7.6%), in particolare quelle del settore non alimentare (-12.4%), e il turismo: per la prima volta da cinque anni la presenza dei turisti cala (-4.2%) e i giorni medi di permanenza si riducono da 3.8 a 3.6. Ciò è dovuto essenzialmente al calo dei turisti italiani, che rappresentano il 92% del totale. A Matera, in particolare, le presenze turistiche ristagnano (+0.7%) a fronte di un aumento registrato nel 2011 (+12.2%).
Alla luce di questi dati, possiamo considerare questo scenario tristemente recessivo quale conseguenza della dipendenza  dell’economia regionale dalla domanda domestica (in forte contrazione) e della rilevanza eccessiva di settori a basso valore aggiunto, marcatamente pro-ciclici e affatto incapaci di cogliere il trend positivo della domanda internazionale. Altra ragione importante risiede nel differenziale tra domanda e offerta di credito: da una parte c’è l’aumento del costo del credito, dall’altra la contrazione dei prestiti al settore privato (-9%), che colpisce maggiormente le famiglie (-1.5%) rispetto alle imprese (-0.2%), con i primi cinque gruppi nazionali che attuano una stretta maggiore rispetto alle banche più piccole. Vige, quindi, la scarsissima attitudine delle imprese lucane  ll’innovazione: bassa è la percentuale del prodotto rappresentata dagli investimenti (0.7%, meno che nel Sud e nel Paese) e la quota degli addetti impiegata nelle attività di ricerca e sviluppo (0.8%, anche qui: meno sia del dato meridionale sia di quello nazionale);  poche sono le imprese che attuano un’innovazione di prodotto (30.7%, contro il 49.7 del Mezzogiorno e il 56.3 dell’Italia) e ridicolo il numero di brevetti (71 per milione di abitanti, a fronte dei 119 nelle regioni meridionali e dei 688 in tutto il territorio nazionale).
Le nostre imprese sono troppo piccole, male assistite da un asfittico mercato dei capitali, permeato dalla classe politica,  tecnologicamente arretrate e concentrate in settori in cui troppo forte è o è stata l’interferenza dell’intervento pubblico (costruzioni e filiera dell’automobile). Cresciute all’ombra dei sussidi, sono assolutamente incapaci di reggere la competizione globale. Da qui nasce l’emergenza occupazionale. L’occupazione nella nostra regione è scesa nel 2012 dell’1.5%, facendo peggio del Mezzogiorno   (-0.6%) e del Paese nel suo complesso (-0.3). Il tasso di disoccupazione, poi, raggiunge un preoccupante 14.5; in particolare, la disoccupazione nella fascia 15-34 anni è cresciuta del 5.1%, raggiungendo il valore di 28.2 punti percentuali.
Cosa fa oggi la politica? Come viene gestita la finanza pubblica nella nostra regione? Male. Possiamo evidenziare una scarsa attitudine all’utilizzo dell’autonomia impositiva, (parzialmente temperata dall’afflusso delle royalty percepite dalle imprese estrattive): le
entrate ammontano a 1447 euro pro capite (-408 euro rispetto alla media delle regioni a statuto ordinario, RSO); in particolare solo il 23.8% di esse è costituito da tributi propri (l’altra voce è costituita dalle quote di tributi devoluti dallo Stato), a fronte del 46 delle RSO. Dal lato della spesa, non possiamo considerarci per nulla virtuosi. La spesa primaria è composta per l’80% da spese correnti (diminuite dell’0.8% all’anno nel 2009-2011) e per il restante 20 da spese in conto capite -in gran parte investimenti-,  drammaticamente ridotte del 13.6% annuo nello stesso periodo (gli investimenti sono tornati a crescere nel 2012, del 2.5%, solo per l’accelerazione dei pagamenti per i progetti finanziati dai fondi strutturali europei). Un terzo della spesa corrente è costituito dalla spesa per il personale; considerando anche il personale delle ASL, essa è cresciuta nel 2008-2010 del 2.6% annuo (contro l’1.9 delle RSO) per attestarsi a un valore di 1078 euro pro capite, a fronte dei 921 delle regioni ordinarie: ciò è dovuto al maggior numero di addetti (214 per 10 mila abitanti contro 191) e alla maggior spesa per addetto (49807 euro rispetto a 47608). Più che al servizio dei cittadini (tanto più importante in questo periodo di crisi), la spesa pubblica ci appare uno strumento di consenso.
La politica ha quindi enormi responsabilità, soprattutto quella asfissiante e narcisista che si annida all’interno delle istituzioni. Finora essa ha fallito; ma potrebbe contribuire a risolvere l’emergenza economica e sociale in cui siamo? Credo di si; qualora alla logica delle
spartizioni e delle ambizioni di questo e/o di quell’interlocutore (scenario eloquente e poco edificante di questi giorni), si sostituisse la coesione, la forza delle buone idee, attraverso un modo nuovo e innovativo di affrontare l’atavico tema: come governare e creare sviluppo per una comunità piccola, quanto un quartiere romano, come ormai da sempre tutti noi amiamo dire.
Per fare questo però è necessario che una classe di amministratori, assuma la coscienza e la responsabilità civica per dare, piuttosto che prendere e dilapidare quello che di buono l’ambiente, la storia e la cultura, ci hanno offerto, stranamente, senza il contributo degli
uomini."



Sassiland News - Editore e Direttore responsabile: Gianni Cellura
Testata registrata presso il Tribunale di Matera n.6 del 30/09/2008




 
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