I proclami di Adduce suonano come un insulto all’intelligenza del popolo materano.
di GIOVANNI MARTEMUCCI
E’ notizia di pochi giorni fa che il nostro Sindaco, ispirato dalla nostra Dorothy, ha scoperto che la raccomandazione esiste non solo a Bernalda, ma anche a Matera. Incombe minacciosa per riempire gli organici della società che curerà il prossimo servizio di nettezza urbana. Così Salvatore vestendo le vesti dello sceriffo implacabile si è posto il compito titanico di debellare la raccomandazione. Ora vediamo come va. Se avrà successo in questa impresa lo proporremo nelle sedi opportune per debellare la fame nel mondo o risolvere il problema del riscaldamento globale. Chissà se poi ha una buona idea da dare ad Obama per ripulire il golfo del Messico dal petrolio della BP. Purtroppo temo che poco o nulla riuscirà a fare e così continueremo a tenercelo come sindaco della nostra città. Ma concentriamoci sul tema.
Il problema della raccomandazione e del sistema delle clientele del quale ne è il propellente non è risolvibile con i proclami bellicosi quanto solitari di un Sindaco. Il clientelismo è un habitus culturale-antropologico della gente delle nostre parti. E’ nostrana forma sonnolenta di mafia che non può essere risolta con azioni episodiche o guasconi. La raccomandazione in genere non è pratica perniciosa. Viene poi applicata anche altrove ed in modo trasparente. Inserita nel sistema clientelare essa invece assume connotazioni estremamente negative. Un altro ingrediente essenziale del sistema clientelare è la scarsità delle risorse. Non devono circolarne molte e le poche disponibili devono essere concentrate in poche mani. Infine, ultimo ma non ultimo, deve incombere l’ombra minacciosa ed austera del Feudatario nelle cui mani appunto le risorse devono essere concentrate. Questo cocktail di condizioni fa si che si formi quella corte dei miracoli che si assiepa presso i palazzotti dei don Rodrigo che dietro scrivanie dispensano come mamme Lucie, miracolosi posti di lavoro, vantaggi di carriera, finanche servizi spiccioli di patronato. Gli effetti di queste “usanze” sono tragici. Nei nostri giovani con essi si fa strada la perniciosa idea che non vale studiare, impegnarsi, dimostrare il proprio valore se poi le proprie fortune lavorative e professionali dipenderanno dal battito di ciglia del Don Rodrigo di turno. Questo è devastante per l’autostima e l’autodeterminazione dei nostri giovani. Ma c’è un risvolto ancora più inquietante ben trattato in uno dei suoi libri da Carlo Gaudiano. Come Faust, con i don Rodrigo vendi l’anima al diavolo! Ti promettono un pezzo di pane ma in cambio gli consegni le tue competenze, i tuoi valori professionali, la tua genialità, finanche la tua dignità. Ti svuota di meriti che, dopo il patto, diventeranno i suoi meriti! Ci sono invece i più orgogliosi, i più assertivi, quelli dotati di superba ed inossidabile autostima che non accettano questo patto e vanno via. Sono queste le voci che Materatown ha avuto il grande merito di raccogliere! Non so se l’uomo mascherato che lo gestisce ne è consapevole; ma attraverso il suo blog si sta coagulando una sorta di Comitato Liberazione Materano fatta, come quello della II grande guerra, di esuli che hanno il loro sguardo ed il cuore ancora puntato su Matera nonostante fossero stati scacciati dalla loro città. Ma allora quali le soluzioni x rompere queste catene che pesano sempre più sul nostro futuro? Cominciamo prima di tutto con l’escludere che la società politica possa romperle visto che le fortune dei don Rodrigo che la popolano si basano proprio sulla efficacia nell’applicare dette pratiche. Agli inizi degli anni 90 furono pubblicati i risultati di una ormai leggendaria indagine sociologica (Putnam) che si interrogò sui motivi del disquilibrio fra Nord e Sud Italia. Da quella indagine emerse che proprio le strutture sociali e relazionali feudali ancora persistenti nel Sud sono alla base del sottosviluppo rispetto al Nord dei Comuni. Sulla base di questa indagine si sviluppò un interessante dibattito su come dare sviluppo al Meridione. Da una parte coloro che proponevano di non rompere le strutture feudali ma di accettarle tanto da porsi esclusivamente il problema di scegliersi il monarca illuminato. Nuovi Federico II insomma. E’ stato il caso di Colombo per la Basilicata o di Gaspari in Abruzzo nel dopoguerra. C’è poi la soluzione più rivoluzionaria che è quella di passare dalla Monarchia alla Repubblica. Fuor di metafora, c’è chi crede che il riscatto deve passare per la promozione di una solidarietà orizzontale fra i membri di quel ceto più vivo ed attivo della nostra società in grado di portare idee nuove, energie vitali, progetti e …finanziamenti in grado di attuarli. Fu un idea che chi scrive cercò di portare avanti durante la sua giovane esistenza ma senza successo. Alle ultime elezioni invece si è visto un fermento positivo, più consapevole che, se supera la sterile verbosità o personalistiche divisioni, può esperire un altro tentativo per battere i campioni della raccomandazione. Alla luce di ciò si comprende perché hanno irritato non poco i proclami tutt’altro che simpatici del sindaco che non possono che suonare come un grottesco insulto all’intelligenza del popolo materano.
Francesco Vespe