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11/07/2014 19.24.50 - Articolo letto 3232 volte

Maida: "L'INPS TORCHIA IL MONDO AGRCOLO"

Piantare (foto SassiLand) Piantare (foto SassiLand)
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"La lotta all’illegalità è sacrosanta, ma colpire indiscriminatamente un settore già in crisi, significa rendere ancora di più esplosivo il disagio sociale"
Matera "L’INPS, nel disinteresse generale - si legge nella nota di Vincenzo Maida, del centro studi DRUS - ed in primo luogo della politica nel suo complesso, sempre più lontana dalle questioni reali del popolo che si rifugia nel non voto e nella sfiducia verso tutti, sta mettendo sotto torchio un mondo agricolo già dissanguato dalla burocratizzazione del settore, dagli introiti non remunerativi derivanti dal conferimento del prodotto e dalla Sharka, un virus che ogni giorno costringe qualche coltivatore ad estirpare ettari  di pesche, di susine o di albicocche.
Bisogna riconoscere che in passato i politici e la politica  erano più vicini alle problematiche reali delle categorie  produttive ed avevano anche maggiore autorevolezza quando gli enti, come in questo caso l’INPS, anziché svolgere legittimamente le loro funzioni sanzionando i casi effettivi di illegalità, deragliavano verso un’applicazione eccessivamente vessatoria e burocratica delle normative.
Summum ius, summa iniuria, dicevano i latini.
Piccoli proprietari terrieri che non riescono a vivere con il lavoro nei loro campi e sono costretti ad andare a lavorare per conto terzi, regolarmente assunti, versando le giornate e percependo poche centinaia di euro di indennità di disoccupazione, vengono pesantemente sanzionati ed i controlli partono dal 2006.
A molti di loro vengono recapitate ingiunzioni di pagamento per 30,40, 50 mila euro, l’ultimo è stato sanzionato per 90.000 euro, e sono costretti a rivolgersi ai legali per dimostrare che l’attività di bracciantato per conto terzi è prevalente rispetto a quella per conto proprio e quindi non sarebbero tenuti ad iscriversi come coltivatori diretti.
Non si tratta in questi casi di falsi lavoratori agricoli che si fanno versare le giornate senza lavorare, per percepire indebitamente l’indennità di disoccupazione, come in molti casi le cronache ci hanno spesso raccontato e che hanno interessato aziende agricole di notevoli dimensioni, ma di potatori, braccianti, che non riuscendo a vivere dalle loro modeste produzioni sono costretti a lavorare a giornata.
Molti di essi ad esempio hanno qualche modesto appezzamento con piante di arance che o restano invendute o nella migliore delle ipotesi commercializzate a pochi centesimi, con produzioni di olive la cui vendita supera di poco i 30 euro a quintale o di pesche vendute questa estate alla misera somma di 23 centesimi al chilo, Ricavi da fame che ormai non consentono ad un nucleo familiare di sopravvivere.
Per l’INPS dal 2006 avrebbero dovuti iscriversi come coltivatori diretti, pagare i relativi contributi all’ente previdenziale e non percepire l’indennità di disoccupazione.
La normativa impone invece che superate le 160 giornate anche un coltivatore già iscritto dovrebbe essere cancellato, perché se un lavoratore è costretto a prestare la sua opera per conti terzi vuol dire che con la sua produzione non riesce a campare.
A qualche solerte funzionario, ci ha detto uno degli interessati, comodamente seduto in poltrona, bisognerebbe fargli fare l’esperienza anche di una sola giornata del nostro lavoro, per fargli comprendere che se potessimo vivere del nostro raccolto, faremmo volentieri a meno di spezzargli la schiena e le braccia nei terreni altrui con qualsiasi clima.
Per essere considerati coltivatori diretti servono requisiti oggettivi e soggettivi. Questi ultimi prevedono, tra l’altro, che il fabbisogno lavorativo annuo occorrente per la gestione dell’azienda non deve essere inferiore a 104 giornate all’anno, quelli soggettivi prevedono invece che l’attività in proprio deve essere svolta con abitualità e prevalenza per impegno lavorativo e redditi ricavati.
La lotta all’illegalità è sacrosanta, ma colpire indiscriminatamente un settore già in crisi, significa rendere ancora di più esplosivo il disagio sociale che la stragrande maggioranza dei cittadini sta vivendo.
La parola sta passando ai contenziosi giudiziari, che ovviamente non sono a costo zero.
L’ente previdenziale si è da poco liberato di  Antonio Mastropasqua, già presidente dell’INPS, dopo i noti scandali che lo hanno travolto e i  22 incarichi che gli assicuravano, secondo  il Corriere della Sera, un  reddito annuo di circa un milione e duecentomila euro, dovrebbe ora essere meno vessatorio nei confronti del mondo agricolo e dei  tanti che  sono costretti a ricorrere alla giornata di lavoro per conto terzi a 40 euro al giorno per sette otto ore di lavoro e per i quali anche solo la richiesta di alcune migliaia di euro da pagare all’INPS,  rappresenta una cifra enorme che li fa precipitare nell’angoscia e nell’insonnia.
Di questa come di altre questioni la politica nostrana è troppo impegnata a parlarsi addosso, perché possa occuparsene.
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Vincenzo Maida
Centro Studi Jonico DRUS"



Sassiland News - Editore e Direttore responsabile: Gianni Cellura
Testata registrata presso il Tribunale di Matera n.6 del 30/09/2008




 
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