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21/10/2014 11.41.45 - Articolo letto 3550 volte

Matera: Ai primi del '900 un “Sanatorio Odontoiatrico”

Un “Sanatorio Odontoiatrico” del ´900 Un “Sanatorio Odontoiatrico” del ´900
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Contributo di Alessandra Giordano
Matera "Si è impiantato nella nostra Città un Sanatorio Odontoiatrico, diretto dal Prof. Giacomo Galli, coadiuvato dal genero Domenico Miccolis, Medico Dentista.
Nel Gabinetto si eseguono
a)   estrazione di denti senza dolore mercè anestetico locale,
b)   impiombature ed otturazioni in ogni sistema,
c)  denti artificiali perfettamente simili ai veri e così nel sistema americano (Bridge Work), come in celluloide, caucciù, oro, ecc., garantendo assolutamente la masticazione, l’estetica, e la pronunzia, ed anche senza bisogno di togliere radici o denti esistenti.
L’onorario è modesto e si concede anche l’abbonamento annuo per lire venti. In forza dell’abbonamento si avrà diritto per tutta la famiglia alla cura assidua del dentista per tutto l’anno senza altro pagamento, sia che occorre medicare denti o toglierli, o impiombarli,  o curar gengive ecc., e sopratutto  all’assistenza alla dentizione dei bambini, che è cosa di così grande importanza. Gli abbonati godono inoltre un ribasso del 10% sopra i lavori di denti artificiali.
Orario dalla 8 alle 17. Via Emmanuele Duni n. 20."


     Reperito grazie alla curiosità di Gianni Maragno, questo ‘inserto pubblicitario’, estratto dalla Cronaca cittadina di Matera al principio del secolo scorso, consente di proporre utili informazioni sulla presenza nella Città dei Sassi di presìdi sanitari per il settore delle cure dentali.
     In quegli anni non erano in molti ad esercitare con titoli e competenza l’attività di medico dentista per il Circondario di Matera; infatti l’elenco dei laureati in Medicina e Chirurgia praticanti l’Odontoiatria, che il Prefetto di Potenza trasmetteva al Ministero dell’Interno (Direzione Generale di Sanità) il 26 maggio 1904, comprendeva solamente quattro nominativi: il dott. Giuseppe RICCARDI a Matera, il dott. Michele TRABACE a Irsina, il dott. Luigi ONORATI ad Accettura ed il dott. Giacomo GRANDE a Grassano (in Arch. Stato PZ - Prefett. Atti Amministr. 1903-1907. Busta 32 - Fasc. Odontoiatria).
     In Italia, peraltro, non era stato agevole il percorso che avrebbe reso l’Odontoiatria una disciplina scientifica; essa era esercitata da ciarlatani e praticoni di vario genere (macellai, barbieri e assimilati). Infatti il Regio Decreto del 9 ottobre 1889 n. 6442, che approvava il “Regolamento” per l’applicazione della legge sulla tutela dell’igiene e della sanità pubblica, riporta “Ai flebotomi, dentisti, semplicisti, erbaiuoli, veterinari, assistenti farmacisti e levatrici che esercitano attualmente in seguito ad una regolare autorizzazione avuta prima della pubblicazione della vigente legge sanitaria, sono mantenuti i diritti acquisiti”, lasciando quindi spazio ai dentisti improvvisati.
     Frequenti e diffusi erano, inoltre, riti e superstizioni popolari, legati ad alcuni aspetti de-vozionali. Fra questi, per esempio, risaltava il culto di Santa Apollonia, martirizzata ad Alessandria d’Egitto nel III sec. d. C. a colpi di bastone, che le avevano causato la rottura di tutti i denti e la frattura delle ossa mascellari. Tale culto era diffuso in Italia fin dal secolo XII per le malattie della bocca e dei denti, forse per uno spontaneo collegamento della potenza mira¬colosa della Santa con la parte del corpo colpita nel suo martirio. Santa Apollonia, venerata il 9 febbraio, è successivamente assurta a Patrona degli operatori della branca odontostomatologica: la tradizione popolare le attribuì il potere di preservare dal mal di denti, per cui fiorirono pratiche magiche e preghiere ingenue e commoventi. Nella Città dei Sassi, per esempio, si recitava: “Sand’Ambelègna mèie, te dòchje la zòppa vècchj’ i ddòmm’ chèra nèva” ovvero “Sant’Apollonia mia, ti do la zappa vecchia e dammi quella nuova”; era l’invocazione che si rivolgeva alla Santa di Alessandria quando cadevano i primi dentini, perché con la sua taumaturgica mediazione favorisse la pronta ricrescita di quelli definitivi, ricorrendo alla rude ma suggestiva metafora ispirata dal lavoro nei campi (zappa = ‘dente’).
     In quegli anni, però, si andava progressivamente delineando l’idea di formare professionisti qualificati esclusivamente in campo odontoiatrico, in analogia con quanto era previsto negli Stati Uniti ed in molte nazioni d’Europa: il “dentista” si avviava, così, a rivestire il ruolo di “odontoiatra”. Infatti il Regio Decreto 24 aprile 1890 n. 6850, successivamente noto come decreto Boselli, recita “Chi vuole esercitare l’odontoiatria e la flebotomia deve conseguire la laurea in medicina e chirurgia”; anche l’ambito di intervento dell’odontoiatra è definito per legge “Il dentista diviene l’odontoiatra il quale non solo pulisce e strappa i denti, ma governa l’igiene della bocca e la patologia di questa importantissima parte del corpo umano che per ragioni fisiologiche patisce l’influenza di altre parti […] L’odontoiatra, a differenza del dentista, intende l’opera e lo studio a prevenire le catastrofi dentali e quando la necessità lo costringe all’uso dei ferri, segue criteri ed accorgimenti che devono essere ben altro che meccanici; criteri fisiologici che derivano dalla conoscenza dell’individuo, considerato nell’esercizio delle sue funzioni nervose, digestive e topiche; accorgimenti che provengono dalla scienza che insegna ad arrestare i processi fermentativi, i fenomeni irritativi e di mortificazione che ne dipendono. Essendo questo il compito dell’odontoiatra parrebbe che questo compito non potesse essere soddisfatto se non da chi è medico chirurgo”. La Legge 31 marzo 1912 n. 298, dopo un’attesa di oltre venti anni, convertì il Regio Decreto 24 aprile 1890 n. 6850, stabilendo definitivamente la necessità della laurea in Medicina e Chirurgia per l’esercizio dell'Odontoiatria, l’istituzione di corsi in Odontoiatria e protesi dentale e la sanatoria per i dentisti non medici.
Nacquero nuove figure professionali e competenze innovative che non tardarono ad impiantarsi anche a Matera. Ideale centro culturale cittadino era la piazza su cui si affacciava Palazzo Lanfranchi, divenuto sede del Regio Liceo-Ginnasio intitolato al giurista e filosofo materano Emanuele Duni, da cui prendeva nome anche la vicina strada che, al civico 20, accoglieva i locali dell’ambulatorio dentistico.
L’elenco di attrezzi, apparecchiature e materiali impiegati nello studio, con la citazione di tec-niche ricostruttive straniere, conferma l’intento commerciale dell’informazione, pretenziosa nei toni, ma di sicura presa sul pubblico; come, per esempio, il riferimento al Bridge Work, tecnica ancora oggi utilizzata, che consentiva di non ricorrere a chirurgia o a tecniche demolitive e invasive, con costi più bassi rispetto all’inserimento di un impianto e con l’impegno complessivo di circa una ventina di giorni. Non trascurabile, infine, il riferimento al “ribasso del 10% sopra i la-vori di denti artificiali” per gli abbonati.
     Traspare, inoltre, grande attenzione nei confronti dell’igiene orale: “medicare denti o toglierli, o impiombarli,  o curar gengive ecc., e sopratutto  all’assistenza alla dentizione dei bambini, che è cosa di così grande importanza”.
      Carlo Platschick (1853-1912), insignito, presso l'Università di Pavia, della prima libera docenza in Odontoiatria, fu precursore della prevenzione nel suo settore: egli raccomandava una capillare diffusione della dentistica nelle scuole sotto l’aspetto pedagogico e sanitario: serie di conferenze d’istruzione per maestri, insegnamento delle norme igieniche generali e speciali per la bocca e denti ai bambini. Ma commentava anche “È un gran male che la pulizia dei denti sia fatta più per vanità che per scopo igienico” e sosteneva addirittura che “il bacio dovrebbe essere dato nel pomeriggio e mai nel mattino, per le condizioni speciali della bocca, trovandosi questa nelle prime ore del giorno in lieve stato di fetore”.
     Un’ultima annotazione a riguardo degli onorari professionali e delle tariffe proposte. Pur trattandosi di cure e impegno specialistici, i costi appaiono orientati alla fidelizzazione dei pazienti e, in ogni caso, adeguati alle condizioni economiche del tempo: le venti lire dell’epoca per l’abbonamento annuale corrispondono approssimativamente agli attuali ottanta euro, ponendo in rilievo che un chilo di pane costava circa quaranta centesimi, un chilo di carne pressappoco una lira e mezza, come pure un chilo di zucchero.
    Bisognerà attendere ancora molti anni, con l’adeguamento della normativa nazionale a quella europea, per giungere ad una normalizzazione della professione odontoiatrica tale da garantire un’adeguata formazione degli operatori ed una elevata qualità delle prestazioni erogate.


Alessandra Giordano
Odontoiatra



Sassiland News - Editore e Direttore responsabile: Gianni Cellura
Testata registrata presso il Tribunale di Matera n.6 del 30/09/2008




 
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