Nel giro di nemmeno un mese ben due ordinanze di impedimento a uso potabile per il superamento di soglia nei serbatoi di triaolmetani. Disagi a fiumi per cittadini e operatori commerciali, anche in vista dell’estate.
di ANTONIO GRASSO
Codice rosso per l’acqua di rubinetto nei comuni della fascia jonico-metapontina. Nel giro
di nemmeno un mese ben due ordinanze di divieto a fini potabili per il superamento di soglia (di 30 mcg/l
ndr) nei serbatoi di triaolmetani (TMHs), composti che si formano per la reazione fra il cloro e la materia
organica dell’acqua durante i processi chimici di trattamento e disinfezione della stessa. Sono ritenuti, da un punto di vista scientifico, altamente dannosi per l’ambiente e l’atmosfera, oltre che pericolosi – a lungo andare - per la salute umana. Per questo i sindaci dei comuni (di Bernalda per la frazione di Metaponto, Nova Siri per la zona marina, Policoro, Scanzano Jonico e Montescaglioso per la frazione “Case sparse”) interessati dal superamento di soglia, su comunicazione ufficiale dell’azienda sanitaria del Materano, hanno dovuto adottare – dal 17 aprile scorso ad oggi - tutti i provvedimenti del caso, vietando l’uso dell’acqua che arriva nelle case per esigenze alimentari. In sostituzione, i cittadini sono stati costretti a rifornirsi – con bottiglie, lattine e altri mezzi di “fortuna” - dalle autobotti messe a disposizione da Acquedotto Lucano. Ogni giorno circa 200 tonnellate di acqua in sacche di provenienza dal Frida. Una situazione emergenziale, che sembrava superata dopo un rientro dei valori sotto soglia. Ma è durato poco. Con la risalita oltre i parametri normativi (segnatamente a quelli fissati in Basilicata, visto che la soglia non è “universale” ma varia da regione a regione, da Paese a Paese ndr) è scattato, di nuovo, l’allarme. Con tutto quel che ne consegue, anche a livello psicologico e di senso di sicurezza da parte dei cittadini-utenti. Che in bolletta pagano e si ritroveranno, comunque, a pagare per un servizio non proprio corrispondente a quello in effetti erogato e in un arco temporale così prolungato. Il danno e la beffa, insomma. Tant’è. Disagi a fiumi non solo per i cittadini. Gravi ripercussioni anche per le attività commerciali e le strutture ricettive. E si teme per la stagione turistica, ormai, alle porte. Già diverse, infatti, le disdette da parte dei vacanzieri. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente nelle prossime settimane. Per questo gli operatori di settore si sono rivolti al Prefetto di Matera chiedendo l’intervento urgente del Ministero della Salute, al fine di giungere a una risoluzione della vexata quaestio. Che ha davvero del kafkiano, se si considera la discordanza sistematica - sugli stessi campioni di acqua - fra i risultati delle analisi (che sono di riferimento per l’Asm) condotte dall’Arpab, l’Agenzia regionale di protezione dell’ambiente, e quelli di Acquedotto Lucano, l’ente erogatore della risorsa idrica. Entrambi, però, “controllati” sotto il profilo politico-amministrativo dalla Regione Basilicata. Metodiche di analisi e strumentazioni da laboratori, evidentemente, differenti alla base. Ma che non fanno altro che minare la credibilità operativa degli enti coinvolti oltre a generare ed accrescere confusione, timori e sospetti nell’opinione pubblica. Intanto, dopo gli esposti in Procura, le associazioni ambientaliste sono pronte anche a rivolgersi all’Unione Europea per l’apertura di una procedura d’infrazione.