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26/01/2011 22.29.02 - Articolo letto 5074 volte

Conta le stelle se puoi

"Conta le stelle se puoi" di Elena Loewenthal "Conta le stelle se puoi" di Elena Loewenthal
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Un libro per ricordare la Shoah
di MARIA ANNA CRAPULLI
Matera “Io che di solito ho un grande amore per le parole, quando si tratta della Shoah ho un'afasia. Non riesco a pensarla, dirla, raccontarla…L'unico modo per sopravvivere, per i sopravvissuti, è stato rinnegare la Shoah. La Shoah non appartiene alla storia ebraica, è anzi qualcosa che le è totalmente estraneo: estraneo perché è il tentativo quasi riuscito di eliminare la stessa storia ebraica…La Shoah è storia degli altri. Gli ebrei ci hanno messo solo il silenzio dei morti. Quando mi dicono Ah, ma voi ebrei insistete troppo sulla memoria della Shoah, io difendo la mia estraneità. A me questa memoria non ha nulla da insegnare: la memoria - se insegna qualcosa - lo insegna al resto del mondo. Con la Shoah ci devono fare i conti i carnefici, non le vittime. Le vittime non hanno conti da fare, se non quello dei propri morti. Per questo non vado più a parlare nelle scuole. E anche perché non vedo la ragione di andare a sbandierare in giro il mio star male: io soffro, il Giorno della Memoria, una sofferenza soprattutto di frustrazione perché mi rendo conto della mia incapacità di soffrire con i sopravvissuti, la mia impossibilità a capire ciò che i miei genitori e i miei nonni hanno provato... il fatto di ricordare di per sé non insegna nulla.
Primo Levi diceva che il fatto che la Shoah sia accaduta rende più probabile che si ripeta ancora. Quel che cambia le cose è la partecipazione emotiva, l'inerme consapevolezza che tu non potrai mai provare il dolore dei sopravvissuti, che c'è una distanza abissale che ti separa da loro. La consapevolezza dell'incapacità di entrare in quel dolore è il solo fatto positivo”. Così disse Elena Loewenthal in un’intervista concessa in occasione del Giorno della Memoria 2008. Nota come giornalista e scrittrice, la Loewenthal è anche, da tempo, studiosa dei testi della tradizione ebraica e traduttrice della letteratura d’Israele, tanto che nel 1999, in virtù di queste attività, ha ricevuto un premio speciale dal ministero dei Beni Culturali. Leggere il libro “Conta le stelle se puoi” in occasione del 27 gennaio è, sicuramente, un modo particolare per fare memoria di eventi che hanno segnato la storia dell’Uomo, perché, pur raccontando la saga di una famiglia ebraica vissuta nel novecento, non si trova alcun cenno a deportazioni, campi di concentramento e forni crematori. L’autrice prende in prestito, per il titolo, una risposta/promessa che Dio, nella Genesi, rivolse ad Abramo, lamentatosi del fatto che lui e la sua sposa Sara non avevano figli, “E il Signore condusse fuori Abramo e gli disse: guarda il cielo e conta le stelle, se puoi contarle. E disse ancora: così numerosa sarà la tua discendenza”. Mai titolo fu più appropriato! Nonno Moise Levi, nell’estate del 1872, parte da Fossano con un carretto pieno di stracci per recarsi a Torino per fare commercio di stoffe: da qui hanno origine le imprese, i viaggi, gli amori, le fughe, fino al 2003, con un presupposto fondamentale, è una storia vera “come avrebbe potuto esserlo se un bel giorno del 1924 a Mussolini fosse preso un colpo”. L’autrice immagina nel romanzo che il Fascismo sale al potere nel 1922, termina nel ’24, per la morte di Mussolini, che il Re Vittorio Emanuele III nel 1938 abdica in favore della Repubblica, e, ancora, che in Palestina sarà fondato lo Stato d’Israele. Tutto il novecento è attraversato senza il Fascismo e la Shoah; una narrazione in cui l’invenzione storica dà la possibilità di creare una memoria ipotetica. Chiudo come ho iniziato, con le parole di Elena Lowenthal: Il lettore non avrà difficoltà a convincersi che questa storia non è una storia vera. Quella vera, das,was war (ciò che era stato), come la chiama Paul Celan, è svanita dentro le ciminiere dei forni crematori, nelle camere a gas, nelle fosse comuni. Allora, ho voluto provare a non arrendermi alla verità della Storia. A immaginarne una, inventata ma verosimile, come se non fosse successo quello che è successo. E costruirla insieme a chi non c’è più. L’ho scritta per non arrendermi al silenzio di quei morti. Per provare, una volta tanto, a pensare la Storia non senza di loro, ma insieme a loro…ho cercato di lasciare tutto o quasi com’era e come è stato, ma senza la Shoah. Perché la Shoah non sta dentro, sta fuori dalla nostra storia. E’ silenzio di morte, invece che vita e parole…Dedico questa storia a tutti coloro che hanno vissuto quell’altra, purtroppo vera. A chi non è mai più tornato. A chi l’ha attraversata, per raccontarla. O per tacerla, proprio come faceva mia nonna.
 



Sassiland News - Editore e Direttore responsabile: Gianni Cellura
Testata registrata presso il Tribunale di Matera n.6 del 30/09/2008




 
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